Bordocampo: Silvana Gaida

24 Marzo 2021

Silvana, com’è iniziata la tua avventura in casa FILA?

«ero giovanissima, la mia è stata una vera e propria gavetta. Ho cominciato nel 1969, quando il Maglificio Biellese era unicamente legato alla produzione di biancheria intima. Dopo un’esperienza in logistica, nel 1974 ho assistito alla nascita di FILA SPORT: il mio compito era quello di curare i rapporti con i clienti stranieri. L’avvento delle sponsorizzazioni ha ulteriormente trasformato la mia professione, portandomi a gestire direttamente i contratti e le relazioni con atleti, coach e club afferenti alle più varie discipline.»

La tua lunga carriera lascia pensare che tu abbia visto il mondo – sportivo, ma non solo – cambiare. Che ruolo ha giocato FILA in questa transizione?

«indubbiamente l’azienda ha avuto una parte importante, oserei dire che la lungimiranza di Enrico Frachey è stata pioneristica. Mi riferisco in particolare alla sua ricerca di atleti capaci di ‘spiegare’ lo sport, anche al di là dell’esperienza del campo da gioco. Pensate a Reinhold Messner, che da semplice testimonial si è trasformato in collaboratore diretto.»

Hai avuto il privilegio di lavorare al fianco di sportivi che han fatto la storia. Chi ti è rimasto maggiormente nel cuore?

«Björn Borg è stata l’icona per eccellenza, negli anni Settanta la sua figura è stata fondamentale per la crescita di FILA. Devo dire, però, che la figura a cui son più legata è forse quella di Alberto Tomba, un guascone dal cuore d’oro. Ricordo il suo impegno per FILA Sprint, il torneo di sci per ragazzi che il marchio ha organizzato per quasi vent’anni: Alberto ci teneva sempre ad esserci, sapeva riconoscere il valore educativo della sua figura.»

C’è, infine, un ricordo personale che hai piacere di condividere con noi?

«ve ne riporto due. Il primo è aziendale e si riferisce a quando in azienda si svolgeva il FILA Trophy, evento interno attraverso il quale eleggevamo e premiavamo gli atleti migliori dell’anno. È un’occasione che ricordo con affetto in quanto consentiva di dare attenzione anche a figure poco celebri. Il secondo aneddoto, molto più privato, riguarda Torino 2006: Armin Zöggeler, fresco di Medaglia d’Oro, mi donò il bouquet ricevuto in dono nel corso della Flower Ceremony. Da buon altoatesino era riservatissimo: il suo gesto inaspettato mi commosse.»