Fonti: Le ciminiere di Biella

6 Agosto 2020

Nel 1890 Giosuè Carducci, il primo scrittore italiano a vincere il Premio Nobel per la Letteratura, compone una poesia che generazioni di italiani avrebbero in seguito studiato e imparato a memoria sui banchi di scuola. Si intitola Piemonte: omaggio a Carlo Alberto di Savoia, certo, ma soprattutto alle città dell’omonima regione, che celebra evocandone la storia e le bellezze del paesaggio. Biella – terza località menzionata dopo Aosta e Ivrea – è descritta come città verde e laboriosa, che “a l’opera fumanti camini ostenta”. Tali ‘camini’ altro non sono che le ciminiere delle industrie tessili, che alla fine dell’Ottocento già caratterizzano lo skyline urbano con le loro strutture svettanti.

La storia delle ciminiere affonda le proprie radici nell’Inghilterra vittoriana, il cui slancio industriale è segnato, nell’estetica, da torrioni ispirati ai campanili gotici e rinascimentali. Un gusto che dalla Gran Bretagna si estende all’area continentale, colonizzando quelle zone che stavano abbandonando la forza motrice dell’acqua in favore dell’uso del carbone. La diffusione delle ciminiere si accompagna ad un’evoluzione architettonico-edilizia che in Italia vanta esponenti illustri, su tutti quell’Alessandro Antonelli che nel 1862 progetta la Mole torinese. Grazie alle scoperte di nuovi laterizi e leganti nascono così strutture innovative, doppie: l’ossatura cilindrica esterna presenta sempre un tronco di cono interno, al fine di garantire un miglior tiraggio. Com’è ovvio, ciò presuppone anche difficoltà costruttive, che in cantiere vengono affrontate da un singolo operaio, che avanza di un metro al giorno per poter ultimare la muratura. Il suo lavoro contempla anche una cura estetica, che all’indomani della diffusione del Liberty porta alla comparsa di effigi e decori sulla sommità, quasi si trattasse di una colonna classica.

Le ciminiere connotano il paesaggio biellese fin da subito, diventando un autentico simbolo del paesaggio biellese: nelle cartoline i camini sono perennemente attivi e se nelle foto il fumo non compare viene allora disegnato a mano libera. Delle centinaia di strutture erette tra la fine del XIX secolo e la Seconda Guerra Mondiale ne sopravvivono all’incirca ottanta, il cui mantenimento è questione spinosa. Se inattiva, infatti, la torre patisce l’azione di umidità e gelo, esponendosi a disgregazione. Inoltre, per poter resistere a lungo, nel tempo, le necessita di devono essere abbassate in altezza, con conseguente penalizzazione estetica. Anche se oggetto di dibattito, negli ultimi anni, il restauro delle ciminiere ha interessato numerosi esperti di archeologia industriale, che riconoscono nella loro svettante bellezza un significativo elemento di riconoscibilità territoriale. E nonostante sia stata accorciata, quella dello stabilimento FILA di Via Cesare Battisti a Biella, ancora si impone allo sguardo, ricordando a tutti le origini di un successo globale.