Meet the designer: Pierluigi Rolando – 4
‘Outfit’ è oggi una parola di utilizzo quotidiano, forse abusata: un contributo decisivo alla sua definizione – almeno nello sportswear – arrivò proprio da FILA e White Line, la collezione che ridefinì l’appeal dei tennisti dalla testa ai piedi. Rolando ebbe l’intuizione di affiancare ai completi sportivi una nuova ‘divisa’ ufficiale, la tuta, che nella visione del designer doveva essere un ponte tra gli indumenti sfoggiati in campo e quelli da ufficio.
Costrizione e libertà, lavoro e tempo libero: il contrasto tra opposti sfociò in un capo nuovo, comodo ma anche fashion, rassomigliante a quelli sponsorizzati dai campioni. Rolando disegnò le prime tute ispirandosi a due muse d’eccezione: la Royal Guard inglese (e in particolare gli chevron da essa sfoggiati) e i pinguini, che a suo avviso parevano indossare un frac. Ispirandosi a come i bianchi e i neri si disponevano sulle anatomie degli animali, Rolando concepì un nuovo modello di activewear, che per ricchezza di dettagli e riferimenti si trasformò in qualcosa di completamente nuovo, innovativo. In qualche modo, una reazione naturale agli abiti che indossava quando praticava atletica a Torino, in gioventù, una tuta per metalmeccanici, di un blu indefinito e senza elementi decorativi.
Grazie all’esperienza maturata all’Università di Leeds, lo stilista curò anche la scelta dei filati, prediligendo i cosiddetti warp knit, tessuti il cui ordito era lavorato da aghi che garantivano la stabilità della trama ma anche un’elasticità performante. Per convincere il manager Enrico Frachey della bontà del prodotto, Rolando fece preparare un campione dell’esatta taglia del Dottore. Quest’ultimo non solo lo reputò comodo: lo definì vincente.