Meet the designer: Pierluigi Rolando – 7

18 Febbraio 2021

Nel 1975, complice il crescente successo di FILA, l’America si profilava infatti come un’avventura da abbracciare senza remore, soprattutto considerato il gradimento dei capi WHITE LINE oltreoceano. La branca statunitense iniziava ad apparire all’orizzonte, e trovò personificazione nella figura di Sammy Azaria, socio incaricato di monitorare il mercato dalla 34esima Avenue di Manhattan.

Non solo: gli Stati Uniti erano terra di saloni, convention, occasioni – Las Vegas su tutte – in cui il marchio poteva affermare la propria influenza commerciale e al tempo stesso stupire il pubblico attraverso allestimenti puntualmente scenografici. Il settore già conosceva bene FILA in Europa, in particolare all’ISPO di Monaco di Baviera e al Mias di Milano. Proprio durante l’edizione ’75 di quest’ultima, Enrico Frachey prese da parte Rolando e avanzò una richiesta precisa: quella di ideare un nuovo look capace di esaltare il fisico e le gesta dello svedese Björn Borg, astro nascente del tennis sul quale l’azienda stava puntando tutto. “Frachey voleva qualcosa che avesse l’appeal commerciale dei capi indossati da Adriano Panatta, ma con uno stile completamente diverso”, confessò il designer. “A me piacevano le sfide: vincere è importante, ovviamente se riesci a farlo con i tuoi soli mezzi”.

Come ben sappiamo, Rolando vinse la sfida alla grande: partendo da una polo indossata da ‘Ascenzietto’ e adottando lo stile gessato che negli anni Venti e Trenta rese un mito Babe Ruth, campione dei New York Yankees, creò un capo di completa rottura, capace di mutare l’approccio all’abbigliamento sportivo. E dato che le origini della Polo Borg ve le abbiamo già ampiamente raccontate, questa volta affideremo il racconto direttamente alla voce dello stilista. “La stampa che volevo trasferire sulla maglietta Borg era una semplice riga, ma per ottenere un lavoro ben fatto, regolare, il lavoro sul pezzo di maglia pretagliato doveva essere certosino.

Consultai tutti i miei libri per studiare la grafica ineccepibile della divisa di Ruth, in particolare forme, spessori e distanze tra righe. Dopo aver fatto prove su prove, il prototipo fu consegnato a Stamperia Alicese: non credo di esagerare se affermo che solo quell’anno produssero più di cinque milioni di pezzi! […] Borg portò gli abiti FILA al successo, addirittura un esemplare della polo fu donato al Fashion Institute of Technology di New York. Peccato che il museo si dimenticò di apporre al fianco di esso il mio nome…