Sculpture in the expanded FILA
Pochi sanno che il motto ‘Less is more’, attribuito al Maestro Mies van der Rohe, è in realtà stato inventato da un altro genio dell’architettura novecentesca, Peter Behrens, sotto la cui ala protettrice si formarono, peraltro, Walter Gropius e Le Corbusier. È però comunemente accettato che a portarlo al successo fu l’allievo, che oltre ad essere stato uno dei fautori del Modernismo, creò edifici e oggetti di design capaci di convincerci che il senso ultimo di una struttura non risiede nel carattere di imponenza, bensì in un processo sottrazione ai minimi elementi. I più funzionali.
Seppur latente, tale approccio ha ispirato il nuovo display del nostro museo biellese, da poco riaperto al pubblico: in occasione del 110esimo anno di vita di FILA abbiamo organizzato un ambiente rinnovato, che trova nel minimalismo uno dei suoi punti di forza. Se le prime sale – interattive e di carattere storico – rimangono invariate, mutano invece le otto stanze che compongono il percorso di visita. Spogliate da orpelli e distrazioni, animano un ambiente nuovo, arioso, capace di tessere un miglior dialogo con i visitatori e con la luce che filtra dagli archi a sesto acuto delle finestre.
Il nuovo look della sala WHITE LINE, per esempio, ci consente di ammirare pochi, selezionati pezzi che testimoniano anche le attività più recenti della Fondazione (la tuta ‘pinguino’ disegnata da Pierluigi Rolando nel 1972 è il frutto del successo di ACHIEVE the ARCHIVE). Si rinnova anche WHITE ROCK, l’ambiente che ci trasporta ad alta quota: intorno alla teca che preserva la giacca ‘Tela Vela’ le pareti, oggi prive di volti, lasciano che a parlare siano gli abiti – i dolcevita, le tute, i giubbini resi celebri da giganti del calibro di Reinhold Messner e Ingemar Stenmark. Sul lato opposto, complice una scenografia caleidoscopica, la parola viene invece data alle tute da sci, che ci riportano ai fasti di Ski Team Italia.
Le stanze successive, anche se più piccole, non sono certo meno impattanti. Al contrario: nella sala dedicata ad AQUA TIME e al mondo delle piscine, la tuta gialla di Giovanni Soldini brilla ancor di più, quasi un gioiello incastonato nel buio. Pochi passi dopo, le imprese di Germán Silva, Gabriel Batistuta e Diego Armando Maradona (anche in questo caso, la maglietta autografata è una conquista del nostro contest archivistico) vengono rievocate attraverso la bellezza di pochi indumenti allestiti con cura.
Non poteva mancare un accento fashion finale. La sala One World racconta il nuovo corso del marchio, che attraverso una rete di licenze e partnership tra Paesi conduce a collaborazioni tra loro diversissime: l’eleganza degli abiti FENDI, la grinta di Gosha Rubchinskij, i bianchi puliti di Katie Grand. Un discorso che si conclude nell’ultima stanza, One FILA, focalizzata sulle evoluzioni post-Milano Fashion Week. È qui che l’intero percorso trova senso: osservando come gli elementi della tradizione – che siano pattern WHITE LINE o paracolpi da sci – si trasformano in presenze da catwalk, comprendiamo il mutevole destino di questo racconto pluricentenario.
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