Sound On: Tupac Shakur

6 Maggio 2020

Quel corpo, nella notte tra il 7 e l’8 settembre dello stesso anno, viene ferito a morte a Las Vegas: le pallottole sono quattro, colpiscono il torace e il bacino, la coscia e la mano destra, perforano un polmone. Tupac è dichiarato morto cinque giorni dopo. Ancora oggi non conosciamo i nomi delle persone che all’incrocio di Flamingo Road, subito dopo l’incontro in cui Mike Tyson mette a tappeto Bruce Seldon all’MGM Grand, da una macchina in corsa mettono fine alla sua vita. Sappiamo però che da allora – dall’episodio che è triste culmine delle faide tra East e West Coast – la storia del rap perde innocenza, e con essa il suo interprete più luminoso e influente.

È vero, le rime di Kanye West possiedono un’agilità impressionante, paiono mozartiane. Ma sono debitrici dell’eredità di Tupac, il ragazzo di East Harlem che sì cresce nelle vie in cui si spaccia, ma a scuola si appassiona a Platone, Machiavelli e Shakespeare, che più volte cita nelle sue lyrics. “Immagina paragrafi letti / Parole sagge che vengono citate”, canta con sorprendente profondità in Hail Mary, dall’album postumo The Don Killuminati che corona un percorso in cui la musica diventa la voce di chi vive ai margini.

Tupac non è un santo: nel 1994 i suoi guai con la giustizia danno vita al primo processo mediatico a una rap celebrity, con telecamere che lo inseguono anche quando si ritrova sulla sedia a rotella all’indomani di un agguato. Ma nella sua carriera tonfi ed ascese si susseguono quasi per dare alla musica una chance, quella di regalare luce in un percorso dalla precoce maturità. Piaceva a Madonna, che frequentava in segretezza nei primi anni Novanta ed abbandonò perché una donna bianca avrebbe “deluso la metà delle persone che mi hanno reso quello che sono”, come riporta una celebre lettera di recente andata all’asta. Piaceva a Lisa ‘Left Eye’ Lopes delle TLC, altra icona black destinata a lasciarci presto e tragicamente. Piaceva a Grant Hill, il cestista dei Detroit Pistons che dà il nome ad un modello di sneakers FILA, passate alla storia anche perché indossate da Tupac. Nel booklet di All Eyez On Me, ultimo disco pubblicato in vita, le indossa sulle strade di LA: look navy, sorriso abbozzato, le mani un gesto di vittoria. ‘In time we learned to live a life of crime/ Rewind us back, to a time was much too young to know’, canta in I Ain’t Mad At Cha, uno degli ultimi video che lo vedono protagonista su MTV nei profetici panni di un angelo. Le immagini degli anni Novanta sbiadiscono su Youtube. La musica, quella no