CINQUANT’ANNI FA: IL MITO DI WHITE LINE
In principio furono dei grandi italiani, come Adriano Panatta, romano dal temperamento focoso, che ha collezionato titoli importantissimi sia in singolare che in doppio. Oppure l’amico Paolo Bertolucci, soprannominato ‘braccio d’oro’ ed unico tennista nella storia del Belpaese a conquistare tre tornei sulla terra rossa nella stessa stagione. Figure che nel giro di pochissimo tempo spianano la strada a più generazioni di talenti. Su tutti lo svedese Björn Borg, sei volte vincitore a Parigi e cinque a Wimbledon che attua un nuovo metodo di gioco, che non corre sotto rete ma controlla tutto da fondo campo. Ma anche il tedesco Boris Becker, vincitore di Wimbledon a soli 17 anni (il più giovane di sempre) e soprannominato ‘Boom Boom’ per la forza sfoggiata in partita. Per non parlare delle atlete: Evonne Goolagong Cawley è una figura tra le più importanti, nonché prima donna australiana a diventare campionessa Slam. Oppure Monica Seles, il cui talento precocissimo, la porta a tirare dritto e rovescio a due mani, con uno stile che nessuna ha mai saputo imitare.
Cosa accomuna questi nomi, così diversi e così vicini nell’Olimpo del tennis? La risposta si riassume in due parole: WHITE LINE. La linea che demarca il campo da gioco, sì, ma anche la prima linea di abbigliamento sportivo lanciata nel 1974 dal marchio biellese FILA. Quella che sino ad allora era una realtà a conduzione familiare nata nel 1911, diventa da un giorno all’altro un business globale in grado di rivoluzionare per sempre la percezione di questo sport. Questo perché i capi WHITE LINE non erano bianchi, bensì colorati: con lungimiranza e ineguagliato spirito di provocazione, il designer Pierluigi Rolando: progetta look variopinti, su misura, che finalmente rendono accessibile una disciplina sino ad allora percepita come elitaria.
Alcuni di questi look hanno fatto la storia: è il caso della BB1, la famosa polo indossata da Borg, che a partire dal 1975, con le sue elegantissime righe verticali, accompagna le vittorie in campo del fuoriclasse da cui prende il nome. Era la prima volta che il gessato, comunemente associato ai completi sartoriali, sbarcava sulla terra rossa: il suo appeal attraverserà le epoche, ispirando atleti e artisti come il regista americano Wes Anderson (vedi alla voce The Royal Tenenbaums). Non sono da meno gli outfit, geometrici, coloratissimi, sfoggiati tra la fine degli anni Ottanta e i primi Novanta da Seles e Becker, per i quali stile e immagine coincidono al punto di divenire testimonial di sé stessi nelle campagne.
A distanza di cinquant’anni, l’impatto di WHITE LINE rimane culturalmente immutato e di forte ispirazione. Per approfondire le vittorie made in FILA, continuate a leggere il blog, in particolare di quando abbiamo parlato delle mitiche polo rosse: della Coppa Davis 1976 e della finale di Wimbledon 1980. Buona lettura!
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