BORDOCAMPO: CLAUDIO CANESSA

6 Dicembre 2024

Lo scorso 3 novembre Claudio Canessa, runner, life coach e maestro di yoga, ha corso la Maratona di New York interamente a piedi nudi. Un’esperienza che Fondazione FILA Museum ha appoggiato con piacere, e che oggi raccontiamo a Bordocampo. Biellese come FILA, Canessa ci parla dell’avventura nella Grande Mela, dei benefici dell’attività fisica scalzi, delle sfide future.



Ciao Claudio, benvenuto sul Blog! A te il compito di presentarti ai nostri lettori.

CLAUDIO CANESSA: Buongiorno a tutti i lettori e ai sostenitori di Fondazione FILA Museum, sono Claudio Canessa, chimico con la passione per il fitness. Dopo 29 anni al servizio del tessile biellese sono diventato istruttore nelle palestre del territorio, decidendo cosa fare da grande. Undici anni fa ho rassegnato le dimissioni e ho rilevato una palestra, concretizzando il sogno di una vita. Insegno con passione, adoro fare sorridere e corro per amore.

All’inizio di novembre hai corso la mitica Maratona di New York City interamente a piedi nudi. Cosa ci racconti di quest’esperienza?

CC: Correre la maratona di New York a piedi nudi si è rivelato qualcosa che non mi sarei mai immaginato: un momento di grande intimità con la città stessa. È stato come entrare in punta di piedi nella sua stanza, coricarsi al suo fianco e, tenendola per mano, contemplare le stelle. Ma, al di là del taglio poetico, è l’emozione a prendere il sopravvento. Un’atmosfera e un’accoglienza inimmaginabili, con i suoi due milioni di spettatori è stato come accogliere un caloroso abbraccio lungo 40 km. Nonostante il frastuono di voci assordanti e la folla, sentivo solo il mio respiro, ascoltavo solo il mio cuore. Riassumerei questa esperienza in due parole: poesia e gioia. Il motivo di tale rapimento va ricercato, come spiega il professor Giuseppe Iannoccari, nell’asse diretto piede encefalo: la sensazione procurata dal contatto con il terreno, infatti, arriva direttamente al cervello, bypassando i filtri razionali. Ecco spiegato il senso di gioia nel correre la maratona di New York senza scarpe, dove ho festeggiato anche il mio sessantesimo compleanno.

 

 

Camminare scalzi rivela il desiderio di una maggior connessione con la natura. Da dove nasce questo istinto e che benefici dà all’uomo?

CC: Il professor Iannoccari afferma: “se la vista ci dà la possibilità di guardare il mondo, il piede ci dà l’opportunità di sentirlo”. Quando si cammina a piedi scalzi il mondo lo senti totalmente, l’ascolti, rispetti. Offrendoti a lui senza ‘protezioni’ diventi parte di un progetto, capisci che è lui ad averti accolto, non sei tu a governarlo, non puoi permetterti di abusarne. E così si torna alla Madre Terra, come il vecchio Capo Indiano che, tolti i mocassini, attraversa la prateria e accoglie la guarigione. Oppure come il maestro di Tai Chi che pratica scalzo la danza del guerriero, con le braccia sollevate e i piedi scalzi, connettendo cielo e terra. È lì che i profumi si dispongono sulla tavolozza, i rumori si fanno note e tu dipingi, sorridendo alla vita.

All’attività podistica affianchi quella di scrittore…

CC: Si, mi piace rilassarmi e dare voce alla mia vena letteraria. Nel 2013 ho pubblicato In forma perfetta dopo i primi 40 anni, testo tecnico-scientifico incentrato sul benessere psicofisico della persona. In cantiere ho un secondo libro, un romanzo surreale con temi di attualità. Un intreccio di sentimenti e mistero, da sempre motori dell’agire umano. A metà strada tra la fiction e il saggio motivazionale, sarà un banco di prova significativo.

A New York City hai corso con la collaborazione di molti brand biellesi tra cui Fondazione FILA Museum, che rappresenta un marchio a sua volta legato all’evento (pensiamo, ad esempio, alla sponsorizzazione di Germán Silva nel 1995). Qual è il tuo rapporto con il brand?

CC: La collaborazione con le realtà che mi hanno accompagnato a New York è stata un’esperienza inusuale, una novità. Hanno dimostrato fiducia nel rappresentare nella sua sfida uno sconosciuto, accompagnandolo in un’impresa che poteva anche fallire. Gareggiare con i loro loghi mi ha trasmesso entusiasmo e una nuova, inattesa determinazione. È stato come vivere la serata di ballo di Cenerentola: sono rientrato in Italia con il cuore pervaso di gioia, colmo di ricordi bellissimi. E chissà, visto che amo sognare, non escludo possa presentarsi un giorno il Principe Azzurro, per dare a questa fiaba un finale del tutto inatteso.