A MANO È MEGLIO: BUON HANDWRITING DAY

23 Gennaio 2024

Il 4 luglio 1776 lo statista e patriota americano John Hancock (1737 – 1793) appose la propria firma sulla Dichiarazione d’Indipendenza degli Stati Uniti d’America. Segnò la carta in maniera così elegante ed ariosa che da quel momento, negli USA, il termine ‘Hancock’ diventò sinonimo di ‘signature’. Non solo: nel 1977 la Writing Instrument Manufacturers Association (WIMA) di Washington D.C. decretò che il giorno della sua nascita, il 23 gennaio, diventasse il National HandWriting Day, per promuovere la scrittura a mano in un’epoca di accelerazioni tecnologiche. Oggi tale ricorrenza si festeggia anche in Italia, dove enti come l’Istituto Grafologico Internazionale Girolamo Moretti di Urbino lavorano per tramutare questa pratica in patrimonio UNESCO.

Discutere di scrittura significa abbracciare la storia e l’evoluzione della cultura umana. Le origini della calligrafia risalgono alla Cina di 3000 anni fa, dove il pennello, l’inchiostro, la carta e il calamaio venivano definiti “i quattro tesori della sala del letterato”: il loro utilizzo consentiva all’intellettuale di esprimere idee sulla società, la natura e la vita. Gli ideogrammi facevano la loro comparsa su materiali come bronzo, ossa, gusci di tartaruga per veicolare ogni volta concetti differenti. La direzione di lettura? Verticale, per seguire la forma delle canne di bambù sulle quali si scriveva agli albori (e che poi divennero i primi libri).
Effettivamente, calligrafa ed estetica legano presto, in più culture: in quella islamica, ad esempio, la raffigurazione dei volti umani è proibita e per questo motivo le parole si tramutano presto in ornamenti ravvisabili anche nelle architetture delle città mediorientali.

Cedono al fascino delle parole anche le arti figurative. Nel 1793 il pittore francese Jacques-Louis David esegue uno dei più emblematici ritratti moderni, La morte di Marat, raffigurante il politico e giornalista Jean-Paul Marat. Tra i fautori della Rivoluzione, Marat fu assassinato nel 1973 da una girondina, Charlotte Corday, che si introdusse in casa sua con il pretesto di fargli leggere una lettera. Quest’ultima è uno degli elementi chiave del dipinto di David, amico di Marat, la cui mirabile composizione fu copiatissima proprio per l’eleganza dei dettagli, illuminati come fossero prove sulla scena del crimine.
Dal momento che ci piace darvi anche consigli cinematografici, oggi la nostra scelta cade su un thriller, Zodiac di David Fincher (2007), sulla storia vera di un serial killer che negli anni ’60 e ’70 terrorizzò la San Francisco Bay Area con una serie di omicidi, ma soprattutto con messaggi in codice, scritti a mano e difficilissimi da decifrare (a proposito: nel dicembre 2020, dopo 51 anni, uno di essi fu finalmente interpretato).

L’Archivio di Fondazione FILA Museum è in costante e progressiva digitalizzazione, ma malgrado ciò il fascino degli oggetti fisici rimane immutato. Tra essi vi sono appunto bilanci e libri contabili, che nel Novecento vengono scritti a mano negli uffici FILA. La bella calligrafia era fondamentale per poterli redigere, a testimonianza di un’era predigitale dove le abilità richieste erano molte. Prendersi cura di questi documenti significa anche avvicinarsi ai valori dell’epoca, che in qualche modo tentiamo di richiamare.

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