DIETRO LE QUINTE: STORIE DI DIETE E REGIMI ALIMENTARI

12 Aprile 2023

Il toscano Jacopo Carucci, conosciuto anche come Pontormo (1494 – 1557), non è stato solo il più importante esponente del Manierismo in Italia, ma anche un personaggio eccentrico, lunatico, perfettamente incarnato dal diario che lui stesso redige tra il 1554 e il 1556. Nel cosiddetto ‘Libro mio’ il pittore descrive con dovizia la propria dieta quotidiana: di ogni piatto annota i singoli ingredienti, di ogni pasto riporta le sensazioni provate prima, durante e dopo l’esperienza, consegnandoci un impareggiabile documento di idiosincrasia culinaria.

In effetti, l’evoluzione delle abitudini dell’uomo a tavola si accompagna ad una serie di diete che, oltre ad anticipare pratiche odierne, consegnano ai posteri personaggi e teorie curiosi. Uno di essi è senz’altro il magistrato e scrittore francese Jean Anthelm Brillat-Savarin (1755 – 1826), autore di Fisiologia del gusto: pubblicato nel 1825 (con nota firmata Honoré de Balzac), il testo è la prima, moderna riflessione sul rapporto tra l’essere umano e il cibo. “Ogni cura dell’obesità deve cominciare con questi tre precetti di teoria assoluta: sobrietà nel mangiare, moderazione nel sonno, moto a piedi o a cavallo. Fra le carni preferite il vitello e il pollo; del pane mangiate solo la crosta”, riporta l’autore esortando il consumo di carni magre e pochi carboidrati, secondo una formula che negli anni sarà ampiamente emulata.

Padre della gastronomia odierna, Brillat-Savarin ispira un parterre di figure nondimeno atipiche. Il pastore protestante americano Sylvester Graham (1794 – 1851) organizzava ritiri caratterizzati da regimi privi di carne e zucchero: la sua dieta, che oggi definiremmo vegana, aveva il proposito di ‘combattere’ la diffusione di alcol, tè, caffè e spezie, che lui stesso bollava come peccaminosi. Nella Londra vittoriana, invece, l’impresario di pompe funebri William Banting (1797 – 1898) dà alle stampe Lettera sulla pinguetudine: pubblicato a sue spese nel 1863, il testo racconta una personale sfida all’obesità, descrivendo un programma proteico ricco di pesce e carni, avverso nei confronti di pane, latte, birra. Benché priva di obiettività scientifica, la Lettera divenne molto popolare tra i gentiluomini inglesi, e il verbo ‘to bant’ si diffuse come sinonimo di morigeratezza alimentare.

Oggi facoltà universitarie come Scienze degli Alimenti e della Nutrizione Umana sono diffuse per poter formare professionalità aggiornate, competenti, capaci. Parliamo di dietologi (medici laureati in Medicina e Chirurgia, successivamente specializzati per fornire diagnosi di patologie, prescrizioni di diete, farmaci ed esami), nutrizionisti (biologi con le conoscenze necessarie per valutare i fabbisogni nutritivi, elaborare schemi alimentari e lavorare nell’ambito dell’educazione al cibo), dietisti (non medici, bensì operatore sanitari che attuano le diete controllando l’accettabilità di queste ultime da parte dei pazienti). Al loro operato si interessa anche l’UNESCO, che nel 2010 ha iscritto la Dieta Mediterranea dell’americano Ancel Keys alla Lista del Patrimonio Culturale Immateriale dell’Umanità, definendola “un insieme di competenze, conoscenze, riti, simboli e tradizioni, che vanno dal paesaggio alla tavola”.

La nostra Biologa nutrizionista di fiducia è la dottoressa Irene Macrì, che ogni mese – insieme a Stefania Intonti – consiglia i follower della Fondazione su Facebook e Instagram. Alimento in movimento è la rubrica in cui dispensa consigli alimentari, scelte proteiche, usi virtuosi di alimenti o condimenti, con attenzione particolare per coloro che praticano sport. Seguitela insieme a noi, anche in quest’intervista!

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